I nostri animali domestici? Innanzitutto i pesci, quasi 30 milioni, e poi gli uccellini che si attestano a circa 13 milioni, numero che ci vale il primato in Europa. Quasi 7 milioni sono i cani, circa 7,5 milioni i gatti, mentre gli altri piccoli mammiferi – tra cui conigli, furetti e roditori (criceti, cavie, cincillà e degu) – raggiungono quota 1,8 milioni. Rettili – tartarughe, serpenti e iguane – sono circa 1,3 milioni. Sono alcuni dei numeri del decimo rapporto Assalco – Zoomark, compendio annuale sul mondo dei pet, presentato a Bologna in occasione del salone internazionale sui prodotti e le attrezzature per gli animali da compagnia, Zoomark International.
Si stima siano almeno 60 milioni i pet in Italia, ormai membri a tutti gli effetti delle nostre famiglie. Fanno parte di nuclei familiari tendenzialmente più numerosi rispetto alla media nazionale -2,8 componenti a fronte di 2,4 – ma gli animali da compagnia sono in crescita anche nelle famiglie con un solo componente (passate dall’8,4% del 2011 all’11,1% nel 2017). Il Rapporto – curato da Assalco (Associazione Nazionale tra le Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia) e da Zoomark International, con il contributo di IRI Information Resources e dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI) – mette in evidenza il ruolo sociale degli animali d’affezione in Italia e la conseguente importanza del loro riconoscimento in società.
L’Italia è senza dubbio un Paese che ama i pet. Molto si sta facendo, molto ancora deve essere fatto, per favorirne il benessere. Il Rapporto ha passato in rassegna le più autorevoli fonti e molti temi relativi alla presenza degli animali d’affezione in società. Di seguito alcuni spunti.
I Paesi con le normative più avanzate in materia di tutela e rispetto degli animali come Austria, Germania e Svizzera riconoscono loro lo status di esseri senzienti, non solo nella legislazione e nel Codice Civile, ma anche nella Costituzione.
Altro aspetto, segnalato da più fronti, è relativo all’importanza di favorire il riconoscimento sociale degli animali da compagnia mediante l’inclusione nel prossimo Censimento della popolazione in Italia e attraverso la creazione di un’Anagrafe nazionale degli animali d’affezione (attualmente in fase di valutazione come riporta l’Atto di Indirizzo 2017 del Ministero della Salute). Ciò consentirebbe anche di disporre di informazioni più precise sulla popolazione dei pet, come succede in Belgio e Francia, dove esistono già database condivisi a livello nazionale. Ancorché affidabili, infatti, ci si deve ancora basare su stime quando si cerca di delineare la presenza degli animali d’affezione in Italia.
Ugualmente condiviso è il tema di facilitare ancora di più l’accesso degli animali da compagnia nei locali e nei pubblici esercizi, aspetto che il settore privato – in particolare quello della ricettività – ha già saputo cogliere. Secondo uno studio della società di prenotazioni alberghiere Hotel Tonight, infatti, con 1 struttura ricettiva pet friendly su 2, l’Italia si posiziona al di sopra della media mondiale (che si attesta al 37%) ed europea (40%).
Infine, poiché il benessere dei pet passa necessariamente dalla cura della salute e dell’alimentazione, emerge da indagini realizzate negli ultimi anni che il 70% dei proprietari italiani ritiene che queste spese siano sottoposte ad una tassazione eccessiva, pari a quella di un bene di lusso. Le cure veterinarie e il pet food sono infatti oggi tassati con un’aliquota IVA al 22%, tra le più alte in Europa.
Ciò nonostante, gli italiani risultano particolarmente attenti a garantire la miglior qualità di vita possibile per i propri pet. Il 77% degli animali d’affezione nel nostro Paese viene nutrito con pet food industriale7, l’85% dei veterinari lo raccomanda poiché ritenuto bilanciato, nutriente e sicuro. 9 proprietari su 10 hanno un veterinario di riferimento e l’85% ci va abitualmente una o più volte all’anno. Ad accompagnare i pet dal veterinario sono soprattutto le donne (68,5%). In netto aumento anche gli uomini, passati dal 24,7% di dieci anni fa al 31,5% di oggi.
fonte: www.ansa.it
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